lunedì 15 maggio 2017

CIELI   DEL   PIEMONTE    29 MARZO ’44:

 UNA  STORIA   DI   CORAGGIO


Leonello Oliveri

La II Guerra Mondiale presentò, rispetto alla precedente un elemento nuovo e profondamente inumano: le popolazioni civili, donne, vecchi, bambini, furono scaraventate in prima linea, esposte alla morte non meno rispetto ai soldati al fronte.

 Fu infatti la guerra che inaugurò la pratica terroristica dei bombardamenti indiscriminati sulle città. E non si trattava di due o tre aerei che sganciavano qualche bomba a casaccio, colpendo per errore il bersaglio sbagliato. Si trattava invece di centinaia di bombardieri carichi di tonnellate di bombe che bombardavano a tappeto con lo scopo preciso di causare il maggior numero di morti fra i civili.  I soli Stati Uniti sganciarono oltre 1.400.000 tonnellate di bombe!
E a programmare, pianificare e rendere per così dire scientifica questa distruzione voluta delle città e dei loro abitanti furono, bisogna dirlo, principalmente gli “alleati”, Stati Uniti e Inghilterra. Soprattutto quest’ultima si distinse con spietati bombardamenti notturni, spesso incendiari, sulle città italiane ed europee


Bombe sulle città

 Le nuove regole per i bombardamenti aerei furono approvate nel  febbraio del ’42 dal capo di stato maggiore  della RAF: essi non dovevano più essere diretti esclusivamente su obiettivi militari, ma coinvolgere anche agglomerati urbani.
 La direttiva fu portata ad effetto da Arthur Harris, comandante del Bomber Command e  propugnatore dell’area-bombing, del bombardamento a tappeto, che rese organici e pianificati questi bombardamenti  sulle città: “ sfiliamoci i guanti, disse, e rinunciamo al principio della ricerca dell’obiettivo ma effettuiamo bombardamenti indiscriminati coinvolgendo le popolazioni e le opere civili, il terrore farà accelerare la fine della guerra” ([1]): secondo una pittoresca metafora in uso negli ambienti dell’USAF, i bombardamenti “tattici” (quelli che miravano ad un singolo obiettivo  preciso e ben delimitato) potevano servire “a rovesciare il secchio del latte”, invece quelli strategici dovevano “uccidere la mucca”. Peccato che la “mucca” spesso fosse una città. Ovviamente con i suoi abitanti.
"Hostium rabies diruit":Un francobollo della RSI per ricordare il bombardamento USA
dell'Abbazia di Montecassino

 In realtà questi bombardamenti "terroristici"  (come altro si possono definire, visto che avevano lo scopo di generare terrore?) che non colpivano obiettivi militari o strategici, non portarono la popolazione a ribellarsi, né affrettarono la fine della guerra (ovviamente questa è una mia opinione personale) semplicemente punirono la popolazione per aver accettato, in Germania come in Italia, la dittatura (quest’ultima comunque colpevole –non dimentichiamo – di aver gettato  il nostro paese in una guerra che non poteva essere vinta)
Fra tutti come non ricordare,  in Germania, i terribili bombardamenti di Amburgo (24/27 luglio ’43, oltre 2000 aerei, 9000 tonn. di bombe, 50000 morti) e di Dresda il 13 e14 febbraio 1945? A Dresda, in questa città d’arte, “la più bella e romantica città della Germania, e una delle più belle e romantiche d'Europa”, priva di veri obiettivi militari, fu provocata e scatenata la feuersturm (tempesta di fuoco), innescata dalle migliaia di roghi causati dalle bombe incendiarie che a loro volta scatenarono venti ad oltre 300 Km all’ora e, che innalzarono la temperatura di una vasta area  ad oltre 300 gradi. Impossibile un calcolo dei morti che furono, secondo alcuni,  oltre 135000, più di quelli di Hiroshima. ([2]). Per un confronto le vittime a Londra durante tutta la guerra a causa dei bombardamenti tedeschi sarebbero state circa 30.000.
Gli americani, da parte loro, non furono da meno, con il bombardamento di Tokyo del 23 maggio ’45: oltre 100.000 vittime bruciate vive dal napalm.
Non ho trovato cifre precise sul numero delle vittime civili dei bombardamenti alleati sulle città tedesche: certo centinaia di migliaia. Ma per loro non ci fu nessuna Norimberga.

Per quanto concerne l’Italia una lettera del ministro degli Esteri britannico, Eden, inviata il 18 dicembre 1942 al segretario di Stato americano, Cordell Hull conteneva l’invito a “intensificare tutte le forme di operazioni militari contro l’Italia, particolarmente i bombardamenti aerei” ([3]). E le conseguenze si vedono nei numeri: un sito internet   (http://biografiadiunabomba.anvcg.it/seconda-guerra-mondiale/) ne elenca minuziosamente oltre 1000, dal primo su Genova del 11 giugno del’40 (il secondo giorno di guerra!) all’ultimo su S. Candido e il Brennero del 4 maggio del ’45. Interessanti ed impressionanti le foto presenti in questo sito. Sull’Italia sarebbero state sganciate 378.891 tonnellate di ordigni, pari al 13,7% del totale sganciato sull’Europa ([4]).

Ma l’offesa aerea alleata, che  provocò  migliaia di morti civili, ([5]) non fu sempre impunita: molti aerei americani e inglesi caddero colpiti dalla contraerea, dai caccia o per incidenti vari.
Gli Americani, considerando soltanto  i bombardieri B-17, avrebbero perso complessivamente - in tutta la guerra e su tutti gli scacchieri­- oltre 4500 velivoli sui 12726 prodotti: e ogni aereo aveva un equipaggio di 10 uomini ([6]). Da parte loro i tedeschi vantavano l’abbattimento, fra i soli  caccia inglesi  spitfire, di oltre 5000 apparecchi (sui 23000 prodotti).
 Per quanto concerne l’Italia una lettera dell’aprile del ’46 del Quartier Generale Alleato del MEDME, Missing Research & Enquiry Service, organismo della RAF incaricato della ricerca delle salme del suo personale caduto nei cieli del nostro paese, fa salire ad oltre 2000 gli  appartenenti agli equipaggi dell’aereonautica britannica persi  in Italia.
A qualcuno di questi aerei, colpito  dai caccia della piccola Aereonautica Nazionale Repubblicana, è dedicato questo piccolo lavoro.

I tre aerei della battaglia del 29 marzo ’44: in 4 contro 149!


In questo post parleremo infatti di due aerei italiani, ( e uno USA) caduti  il 29 marzo del ’44 durante lo stesso scontro aereo.
In entrambi i casi si tratta di caccia dell’ANR (Aviazione Nazionale Repubblicana) italiana, ed esattamente i Fiat G 55 centauro Matr. Nn. 91061 e 91062 abbattuti in Piemonte, sulle Langhe.
La vicenda è stata ricostruita anche sulla base delle informazioni presenti nel documentato, preciso ed appassionato libro di G. Garello, Centauri su Torino- La squadriglia Bonet dell’aeronautica Nazionale  Repubblicana 1944-45, Apostolo Editore, Milano 1998, da cui sono tratte anche le foto storiche presenti in questo capitolo.

Il primo aereo è il Fiat G 55 Centauro matr.  MM 91062 del maresciallo Jellici Luigi, dell’ANR, caduto poco prima di mezzogiorno del 29 marzo 1944, mentre cercava di contrastare una formazione di oltre cento fortezze volanti americane reduce da un bombardamento su Torino: il pilota si salvò lanciandosi.
Ma vediamo i fatti.

Il B-17G #42-97152: colpito cadrà nei pressi di dego (Sv)
(da G. Garello, Centauri su Torino- 
La squadriglia Bonet dell’aeronautica Nazionale  Repubblicana 1944-45,
 Apostolo Editore, Milano 1998)
Alle 07,40 del 29 marzo 1944 il B-17 n. 42-97452 del t. col.  Ryan lasciò la pista di decollo dell’aeroporto di Amendola, Foggia, seguito dal altri 28  aerei  delle squadriglie 20, 49, 96 e 429 componenti il 2° Bomber Group. Dagli aeroporti di   Tortorella e Lucera  (Foggia) decollarono altri aerei del  97°, 99° e 301° B.G. In tutto   105 fortezze volanti: il 5° Wing al completo, oltre un migliaio di uomini.  Era iniziata la missione n. 169: bombardamento del nodo ferroviario di Torino e degli stabilimenti Fiat di Mirafiori e Lingotto.
Ogni B-17 ( ne furono costruiti oltre 12000: da soli sganciarono oltre il 40% di tutte le bombe tirate dagli USA: su bersagli europei finirono, così abbiamo letto, 650 195 t. di bombe) ([7]) recava a bordo 12 bombe dirompenti da 500 libbre (228 kg.), da sganciare da una quota di 7000 metri. La scorta era fornita da 44 caccia P-47 Thunderbolt  del 325° Fighter Group.
Non era questo il primo bombardamento subito dal capoluogo piemontese. Durante tutta la guerra Torino subì numerose incursioni aeree, la prima il secondo giorno di guerra quando 26 bombardieri del Bomber Command decollati dall’aeroporto francese di Salon sganciarono sulla città –completamente impreparata malgrado la proterva ma irresponsabile arroganza del Regime (e il silenzio dei vertici militari)- un centinaio di bombe da 500 libbre. A questa seguirono altre 55 incursioni aeree: sulla città furono sganciate 6820 bombe (circa il 10% delle quali rimaste inesplose) ([8]) che provocarono 2069 morti fra i cittadini e quasi 2700 feriti. Furono distrutti oltre 42000 vani di abitazione ([9]).
Ecco come la missione viene laconicamente ricordata  in http://www.milhist.net/usaaf/mto44a.html:
WEDNESDAY, 29 MARCH 1944
STRATEGIC OPERATIONS (Fifteenth Air Force):
About 400 B-17s and B-24s (largest total to date) hit 3 targets in Italy;
the B-17s bomb the ball bearing factory, marshalling yard and industrial area
at Turin; the B-24s hit Bolzano and Milan marshalling yards; P-47s and P-38s
fly escort; the bombers and fighters claim 13 aircraft destroyed; 6 US aircraft
are lost.
HQ 325th Fighter Group and 317th, 318th and 319th Fighter Squadrons move
from Foggia to Lesina, Italy with P-47s.


Quella stessa mattina nell’aeroporto di Venaria Reale (Torino) c’era la solita attività. Qui era di base  la Squadriglia Complementare Montefusco che assieme ad altre tre squadriglie (basate a Mirafiori e Caselle) formava il 1° Gruppo Caccia della sparuta (che non vuol dire impaurita, anzi ) Aeronautica Nazionale Repubblicana. Era dotata di caccia Fiat  G 55
Il G 55
Centauro un buon aereo,  che,  raggiungeva una velocità di 620 km/h. spinto da un Daimler Benz DB 605 a 12 cilindri. Purtroppo soffriva di una progettazione e costruzione che potremmo definire di tipo "artigianale" anziché "industriale". Un solo dato: il caccia tedesco Me 109 richiedeva per la costruzione 4700 ore di lavoro, il G 55 18000 (escluso dal conto il motore, prodotto in Germania).
 Entrato in servizio nel ’43 in una trentina di esemplari, fu prodotto negli stabilimenti Fiat di Torino (164 aerei  dal novembre ’43 all’aprile ’44: per un confronto durante la guerra gli inglesi produssero oltre 23000 spitfire). In quel mese, il 25, un bombardamento alleato colpì gli stabilimenti. I B-24 statunitensi arrivarono in più di 100 sugli stabilimenti Fiat e scaricarono oltre 200 tonnellate di bombe. Pochi Macchi e sette G.55 tentarono l'intercettazione. Tra bombardieri abbattuti e dispersi per varie cause, gli Alleati persero almeno sette aerei , ma la scorta abbatté 3 Fiat senza perdite; i caccia distrutti in azienda furono 15. La produzione fu interrotta quasi definitivamente: da quella data furono completati 37 aerei e altri 73 solo parzialmente nell'ultimo anno di guerra ([10]).
I bossoli (ovviamente ormai vuoti, innocui, inerti e inutilizzabili) dei
colpi tirati dalle armi del G 55 di Jellici contro i
bombardieri USA. Evidenti i segni del crash

Armato, nelle ultime versioni, di 3 cannoni Mauser MG151/20 da 20 mm e due mitragliatrici Breda-Safat da 12.7 mm., il G 55 era   ottimizzato per l’attacco ai bombardieri piuttosto che ai  duelli con i caccia, nei cui confronti era penalizzato da un armamento sì più potente (3 cannoni da 20 mm non molto utilizzabili contro i veloci caccia) ma con una celerità complessiva di tiro bassa: due sole mitragliatrici (contro le 4/6 dei caccia avversari) sparanti attraverso l’elica e quindi con un lento volume di fuoco, reso ancora più lento dal fatto che queste armi erano sincronizzate con l’elica -così almeno abbiamo letto- in modo da sparare solo con la pala ad un angolo molto prudenziale di 90°  (quelli tedeschi  di 33°): nella pratica ciò significava celerità di tiro molto lenta, ovvero in ogni attacco si rischiava la vita per sparare solo pochi colpi contro il nemico. Era un velivolo che poteva opporsi egregiamente ai bombardieri alleati, peraltro grandi incassatori, ma quando si deve operare in spaventosa inferiorità numerica, uno contro  20, affrontando la coda di formazioni lunghe chilometri, con la minaccia dei nugoli di caccia nemici, non basta né la qualità delle macchine né quella degli uomini.
Verso mezzogiorno  ci fu l’allarme e contro le 105  fortezze volanti ( e i 44 caccia) da Venaria Reale decollarono in quattro: Bonet (caccia matricola MM 91061), Biagini, Biron e Jellici (caccia matricola MM 91062). Quattro caccia contro 105 B-17 e   44 P-47.

I caccia italiani si portano in quota, a 9000 metri: sotto di loro, 1000 metri più in basso, come un fiume inarrestabile, scorre compatta la grande formazione nemica, sulla rotta di ritorno.
Nacque un veloce e drammatico combattimento, con i caccia ANR che facevano rapide passate attraverso i bombardieri nemici. Una picchiata verticale, poche raffiche contro il muro luccicante e vampeggiante dei bombardieri, e poi un altro tuffo verso il basso, lontano dalle decine di torrette e mitragliatrici ((i B 17 erano armati ciascuno con 13 Browning M-2 calibro 12,7 mm.). Poi, se si era ancora vivi, riprendere di nuovo quota per una nuova affondata. E così di seguito, mentre il fiume dei bombardieri scorre incessante e apparentemente impassibile. E poi via, se ci si riesce, via prima che arrivino i caccia di scorta.
Biron e Jellici attaccarono l’ultima fortezza di sinistra, probabilmente il #682 del 96° sqdn.  che riportò serious damage, danni gravi (1 buco da 20 mm. nell’ala, 1 buco da 20 mm. nello stabilizzatore, il copilota ferito) cercando poi di evitare i caccia avversari. Jellici fu attaccato da 4 aerei nemici e fu colpito (tre buchi nell’ala sinistra con perdita di carburante). Forse a inquadrarlo fu il sottotenente  J. Forrest che così dichiarò al rientro dalla missione: “L’aereo nemico cominciò a bruciare dietro il posto di pilotaggio, alcuni pezzi volarono via a perduto il controllo mise giù il muso e urtò il suolo )”(G. Garello, p.73). Jellici per portarsi fuori tiro iniziò una  vertiginosa picchiata da 7000 a 2000 metri.
Intanto il motore aveva preso fuoco e per il pilota fu indispensabile abbandonare l’apparecchio. Cosa non facile: dovette salire in piedi sul sedile (mentre l’aereo incendiato caracollava nel cielo a 300 all’ora) e buttarsi all’esterno, andando a sbattere contro i piani di coda dell’aereo. Era questa un’ eventualità tutt’altro che remota in casi di abbandono dell’aereo, risolta –più tardi – solo dall’invenzione dei seggiolini eiettabili che spingono il pilota velocemente lontano. Fortunatamente il malloppo del paracadute attutì il colpo.  Poi aprì il paracadute ed atterrò, malconcio e bruciacchiato ma incolume, su una collina delle langhe piemontesi. Incontrò anche dei partigiani ma, fortunato,  non ebbe problemi. Al riguardo c’è da dire che non tutti i suoi colleghi saranno sempre così fortunati:  per es. il s. ten. pilota  Romano, anche lui della Montefusco, prelevato da partigiani il 15/7/44 mentre in treno tornava a casa in licenza a Savona e fucilato a Rocca Cigliè il 22 dello stesso mese ([11]), o i s. ten. piloti Gueli e Savi “uccisi a fucilate in un’imboscata mentre tornavano in bicicletta dopo essere stati al cinema a Gallarate” (Garello 178). Jellici invece poté rientrare alla base, mentre l’aereo  si schiantò in un campo, disintegrandosi sul duro terreno delle colline albesi. Tragico invece il destino del  suo abbattitore, J. Forrest, al quale restavano meno di due mesi di vita: morirà il 15 maggio andando a sbattere col suo caccia contro un monte degli Appennini.
Bonet, lo sfortunato pilota del
G 55 matr. 91061 (da (da G. Garello, Centauri su Torino, cit.) 


Intanto in alto il combattimento proseguiva: Bonet si accorse che il B-17G #42-97152  del 20° sqdn., 2° BG, procedeva a rilento, azzoppato dalla contraerea  che aveva danneggiato i motori nn. 3 e 4. Era un aereo che non passava inosservato, il primo giunto dall’America nella nuova livrea non verniciata: un riverbero brillante, una stella di morte nel cielo piemontese. Ma talvolta cadono perfino le stelle.
 Attaccato vigorosamente e ripetutamente da Bonet e Biagini, (dal B-17 #096 il mitragliere inferiore contò ben 5 attacchi contro il  #152) fu danneggiato a tal punto che, allorché un proiettile colpì  il controllo dell’elica del motore n. 1 mandandolo in supergiri, causando vibrazioni che provocarono il tranciamento dell’albero dell’elica, il suo capo equipaggio, il ventiduenne  Lt. E. J. Wronkoski,  ne ordinò l’abbandono. E non poteva fare diversamente, visto che il quadrimotore era diventato un .. monomotore sorretto solo dal n. 2. E così “ nel cielo imbronciato delle Langhe fiorirono dieci bianchi paracadute mentre l’onesto #152, affidato all’autopilota, andò a posarsi delicatamente nei pressi di Dego (Sv) in località Bormiola (G. Garello, p. 68). E con lui se ne andavano 238.000 dollari – tanto costava un B-17- e 30.000 kg. di alluminio e metalli strategici.
Giovanni Bonet (Conegliano 24 luglio 1914 -cielo del Piemonte 29 marzo '44)
Bonet, poi, fu attaccato  dai Thunderbolt del 325 FG (forse dal caccia del maggiore H. Green, comandante del 317 sqdn): ferito, non riuscì a governare l’aereo che precipitò, uccidendolo sul colpo. Anche questo aereo cadde nella Langhe. Probabilmente al momento dell’urto il pilota era già deceduto. I suoi resti furono raccolti in una chiesetta. Il giorno successivo, presi accordi coi partigiani locali, i compagni di Bonet poterono recuperarli assieme ad alcuni resti  del G 55. Da Venaria Reale furono poi traslati a Conegliano Veneto, luogo d’origine del pilota, e sepolti con una partecipata cerimonia nel locale cimitero dove ancor oggi riposano. La squadriglia Montefusco assunse, in suo onore, la denominazione di “squadriglia Bonet e alla memoria del cap. Bonet (8 vittorie e 4 medaglie d'argento al valor militare) fu concessa dalla RSI la medaglia d’oro al Valor Militare.
Lucio Biagini. Cadrà il 25/4/44
sul cielo di Carmagnola

L’attacco dei 4 uomini della Montefusco causò agli aerei americani, oltre all’abbattimento del 42-97152, anche altri danni: il solo 2° BG, che guidava la formazione di bombardamento, ebbe a lamentare “un armiere ucciso, un ferito, due aeroplani gravemente danneggiati ed un altro in maniera più leggera” (G. Garello, p. 69) ([12]).
Per contro quel bombardamento americano provocò a Torino, oltre le distruzioni materiali, 17 morti e una trentina di feriti.












uestQuesrtQuesta è la storia di uno dei tanti fatti d’arme della II G.M.
L'elemento mobile della chiusura del cofano motore
del Fiat di Jellici
Ho voluto cercare le tracce di questa disperata battaglia aerea.
Sono riuscito a recuperare solo poche briciole dei  due caccia italiani, disintegratisi sul suolo durissimo delle Langhe: tra i pochi frammenti uno degli ”elementi mobili delle chiusure rapide” che bloccavano tra loro le cappottature inferiori e superiori  del motore.



Pochi frammenti di una storia di  uomini coraggiosi che in condizioni disperate combatterono sì dalla parte “sbagliata”, ma spinti –credo- dall’unico desiderio di difendere le città italiane dalle bombe nemiche. Combatterono dalla “parte sbagliata”, ma non rivolsero mai  le loro armi contro altri italiani.
Dopo la guerra la Repubblica Italiana non riconobbe l'assegnazione della medaglia d'oro alla memoria concessa dalla RSI al cap. no Bonet: era morto - come tanti altri- dalla parte sbagliata...Che tristezza. 

Leonello Oliveri

Propr. lett. riservata
Riprod. vietata





[1] ) R. Aiolfi, N. De Marco, Bombe su Savona e provincia, Sabatelli ed., Savona 2004, p. 55
[2] ) Nel 1955 Konrad Adenauer, allora Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, dichiarò: «Il 13 febbraio del 1945 l'attacco alla città di Dresda, sovraffollata di profughi, provocò circa 250.000 vittime» ( Deutschland heute, edito dall'ufficio stampa e informazioni del governo federale, Wiesbaden, 1955, p. 154. in https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamento_di_Dresda). Dallo stesso sito apprendiamo che  durante la II G.M. gli Alleati sganciarono, solo per ricordare le maggiori città tedeschi ,  67607 tonn. di bombe su Berlino, 39687 su Amburgo, 19329 su Monaco, 44923 su Colonia, 37938 su Essen  (v. Angell, Joseph W (1953). Historical Analysis of the 14–15 February 1945 Bombings of Dresden. USAF Historical Division Research Studies Institute, Air University, hq.af.mil. Retrieved January 2008). Ovviamente anche su Dresda ci sono commenti diversi v. per es. http://www.airforcemag.com/MagazineArchive/Pages/2004/October%202004/1004dresden.aspx dove si parla, se abbiamo ben capito, della “leggenda di Dresda”!
[3] ) P.P. Cervoni, Enrico Caviglia l’antibadoglio, Mursia 1992, p.242  Ecco il testo completo della lettera: « Abbiamo considerato la possibilità di un partito che sorga in Italia, il  quale sia desideroso e capace di concludere una pace separata. Prima che ciò si verifichi due premesse, a nostro avviso, sono essenziali. I tedeschi dovrebbero essere talmente indeboliti da non essere più in grado di controllare gli avvenimenti in Italia e dovrebbe emergere un leader nazionale con forza sufficiente per spodestare Mussolini. Le indicazioni che abbiamo ricevuto recentemente fanno ritenere che nessuna delle due premesse sarà verosimilmente   realizzata in un futuro immediato. In particolare non vi è nessun segno della comparsa di un leader che rappresenti un'alternativa a Mussolini.(..). Nella Italia vi è  poca probabilità che la Chiesa prenda posizione contro il regime. II re è considerato come un docile strumento del fascismo e non sembra che il popolo italiano lo consideri più come un capo.(..). Un generale, con sufficiente seguito nell'esercito quale il generale Badoglio, potrebbe al momento opportuno essere in grado di rovesciare il governo, ma i nostri rapporti non indicano che il malcontento nell'esercito abbia raggiunto lo stadio che potrebbe farne una possibilità pratica. Da ultimo vi è la possibilità che i membri moderati del partito fascista possano prendere posizione contro Mussolini. Le indicazioni che abbiamo tendono tuttavia a indicare che i capi del partito fascista nel complesso siano tuttora convinti che la cooperazione con la Germania ed proseguimento della guerra siano essenziali per il mantenimento delle loro posizioni. Pertanto il punto di vista del governo di Sua Maestà è che non dovremo contare sulla possibilità di una pace separata ma dovremmo mirare a provocare in Italia tali disordini da richiedere un'occupazione tedesca. Suggeriamo che i mezzi migliori per conseguire questo obiettivo stiano nell'intensificare tutte le forme di operazioni militari contro l’Italia, particolarmente i bombardamenti aerei, e nell'appoggiare le operazioni militari con una linea di fermezza nella nostra propaganda.»
[4] ) v. Bombing Survey 1947 = The United States Strategic Bombing Survey. Statistical Appendix to over-All Report (European War), Washington D.C. 1947., citato in  www.iccd.beniculturali.it/getFile.php?id=4441.
[5]Le stime più verosimili collocano il numero di vittime civili causate dai bombardamenti sull'Italia tra 80.000 e 100.000. (https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_strategici_durante_la_seconda_guerra_mondiale) . Altre fonti (es. R. Aiolfi, N. De Marco, Bombe su Savona a provincia , p.198) parlano di 153 mila.
Un dato tra tutti:: il 20 ottobre del 1944 un bombardamento alleato su Milano colpì in pieno la scuola elementare “F. Crispi”: morirono in 204, tra cui 184 bambini. (v.https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Gorla): ma di questo “danno collaterale”  nessuno sarà chiamato a rispondere. Del resto gli USA riusciranno a bombardare anche la neutrale Svizzera, la cui città di Sciaffusa fu colpita dal cielo il 1° aprile 1944 con una cinquantina di morti e  circa 150 feriti.
[6] ) da Wikipedia alla voce Boeing B-17 Flying Fortress. Il dato riguarda tutta la guerra e tutti gli scacchieri. (Da parte loro i B17 avrebbero abbattuto 20000 aerei tedeschi). Tale dato porterebbe ad una perdita del 37% dei velivoli prodotti, che pare francamente eccessiva: altre fonti parlano invece di una perdita del 15,2%
[7] ) “al confronto, i Liberator sganciarono 451 691 t. e tutti gli altri bombardieri statunitensi 420 520 t. Circa 4 750 esemplari (un terzo dei B-17 costruiti) andarono persi in combattimento” (da https://it.wikipedia.org/wiki/Boeing_B-17_Flying_Fortress)
[8] ) Secondo un documento del Dipartimento della Difesa americana la percentuale di malfunzionamento dei detonatori di queste bombe “storiche” è valutabile tra l’8% e il 10%, che nel caso italiano corrisponderebbe a 37.900 tonnellate di bombe d’aereo inesplose, corrispondenti grosso modo a 80.000-100.000 ordigni di vario tonnellaggio e di vario tipo.
[9] ) per un elenco dei bombardamenti su Torino v.
 http://www.istoreto.it/torino38-45/download/torino38-45.pdf
[10] ) Wikipedia, Fiat G 55: Durante tutta la guerra gli inglesi costruiranno oltre 23000 spitfire!
[11] ) E. Scarone, I caduti della RSI Savona e Provincia, Pinerolo 2000, p.179.
Dopo questa “avventura” il maresciallo Jellici non abbandonò l’aviazione: anzi  nel novembre ’44 fu selezionato, assieme ad altri 17 piloti, per essere inviato in Germania per pilotare il  nuovissimo caccia a reazione, il Me 163 Komet . A Dicembre partirono quindi per Berlino (Rangsdorf). Dopo un brevissimo addestramento su alianti (l’aereo aveva pochissimo carburante, che garantivano solo 8 minuti di volo a getto, e dopo un'unica picchiata contro l’obiettivo avrebbe dovuto tornare all’aereoporto in volo planato), alla fine di dicembre furono trasferiti a Liegnitz, dove finalmente videro i Komet:  “Sfortunatamente, (o forse fortunatamente, visto l’altissimo tasso di perdite fra i piloti durante l’addestramento: furono più i piloti di questo caccia troppo avveniristico morti per incidenti che quelli uccisi in combattimento) il maltempo e l'avanzata dei Russi non consentì ad alcun pilota italiano di volare sul Me163, ed il gruppo fece ritorno in Italia all’inizio del ‘45( da http://www.marzocca.net/rm_it.html )
I resti del B 17 ( da G. Garello, Centauri su Torino-
La squadriglia Bonet dell’aeronautica Nazionale  Repubblicana 1944-45,
 Apostolo Editore, Milano 1998) 




















[12] ) Nel libro The Secon Was First ,Copyright © 1999 by Charles W. Richards che racconta le vicende del Second Bombardment Group (Heavy) durante la II GM. così  viene schedata la missione “Turin, Italy - mission no. 169 - march 29, 1944 Lt. Col. John D. Ryan led 27 aircraft and dropped 78 tons of 500-lb. GP bombs on the Marshalling Yards at Turin. Six to 10 enemy fighters attacked the formation after bombs away causing the loss of one B-17, one man killed and one man wounded.(..)” Il caduto fu il T/Sgt. James H. Taylor, UT, 49th Squadron,  instantly killed by a 20mm shell, il ferito  2nd Lt. Robert E. Weiss, CP, 96th Squadron, suffered lacerations of the face and left knee caused by shattered plexiglass.  L’aereo abbattuto B-17 #42-97152 was hit by flak, straggled and was attacked by enemy fighters. Seven to eight men were reported to have bailed out..
Una nota in margine: durante la stessa missione (ma non sui cieli piemontesi) un B 24 con guasti ai motori (il 42 252106  "Sunshine " del 716 Sqd, 449 Bomb Group, non potendo ritornare alla base (Grottaglie, Puglia)  cercò di raggiungere la Svizzera ma, perso l'orientamento, atterrò  per errore nell'aereoporto italiano di Venegono (Varese) dove fu catturato intatto: Immediatamente arrivarono i tedeschi, ripararono i motori, girarono un bel documentario di propasganda visibile qui qui e trasferirono aereo ed equipaggio trasferito prigioniero in Germania. L'equipaggio fu poi liberato alla fine della guerra, mentre l'aereo, studiato da itecnici, fu incoerporato nella Luftwaffe e usato, pare, per "intrufolarsi" nelle formazioni di bombardieri alleati durante le missioni notturne dalla RAF per studiarn rotta, altitudine e comunicazioni. Sull'argomento https://www.unuci.org/images/documenti/rivista/Rivista_2015/Unuci_03_04_2015.pdf.

Nella foto il B 24 atterrato a Venegono



[13] ) Attenzione: sui luoghi dove sono caduti aerei militari della II G.M. (soprattutto se caccia) possono trovarsi ordigni bellici pericolosi, per es. (ma non solo ) proiettili inesplosi da 20 mm. dei cannoncini degli aerei: in pratica sono piccole bombe, con la spoletta sulla cima, e sono pericolosi: non toccateli, non  percuoteteli e avvisate chi di dovere. Attenzione anche ai quadranti degli strumenti di bordo:  per rendere i numeri fosforescenti erano pitturati con vernice a base di  radio, quindi sono radioattivi!